Baxter è un tipo sui 75 chili, molto pacato e non si stanca mai. Watson è uno genio spietato che, a un quiz americano, ha battuto tutti. Cosa c'entrano Baxter e Watson col Lavoro o con noi "artigiani del software" CAD? Carla Motta ci aiuterà a capirlo...
Il 12 marzo si è svolto il 5° Congresso della Cgil di Verona. Riportiamo il testo dell'intervento della nostra delegata Carla Motta che sembra che interroghi anche noi: sul nostro futuro di artigiani del software.
Oggi voglio parlarvi di Baxter e di Watson.
C'è Baxter
Baxter è un tipo molto pacato, pesa 75 chili e
non si stanca mai.
È un robot, e oggi costa soltanto 22 mila euro - più o meno un anno di salario di un operaio. Tu lo programmi, e lui è in grado di lavorare 24 ore su 24, producendo in modo standard e con ritmo costante. Ha soltanto bisogno di una manutenzione elettrica e ingegneristica - che è l'unico costo di gestione per il suo mantenimento. Non mangia, non dorme, non ha sentimenti, non va in ferie, non protesta, non fa sciopero e non pianta grane. Come Baxter, nell'industria dell'auto e dell'elettronica americana, ce ne sono già un milione e mezzo; perfettamente efficienti e funzionanti.
È un robot, e oggi costa soltanto 22 mila euro - più o meno un anno di salario di un operaio. Tu lo programmi, e lui è in grado di lavorare 24 ore su 24, producendo in modo standard e con ritmo costante. Ha soltanto bisogno di una manutenzione elettrica e ingegneristica - che è l'unico costo di gestione per il suo mantenimento. Non mangia, non dorme, non ha sentimenti, non va in ferie, non protesta, non fa sciopero e non pianta grane. Come Baxter, nell'industria dell'auto e dell'elettronica americana, ce ne sono già un milione e mezzo; perfettamente efficienti e funzionanti.
Poi c'è Watson
Watson è un genio: nel 2011, ha battuto senza pietà tutti i concorrenti del quiz televisivo americano Jeopardy, rispondendo con la sua voce calda e naturale a tutte le domande che gli sono state poste, a voce, dal conduttore del programma. Watson è un sistema di intelligenza artificiale creato da IBM: capisce il linguaggio naturale quando gli parli, comprende le domande, e poi è capace di consultare 200 milioni di pagine in poche frazioni di secondo per risponderti con una voce umana. Watson, se gli metti sotto una bella potenza di calcolo, che ormai costa sempre meno, può sostituire senza colpo ferire - e operando molto meglio - decine, centinaia di operatori di contact center, anche quelli che operano dalla Albania o dall'India per costare meno.
Watson è un genio: nel 2011, ha battuto senza pietà tutti i concorrenti del quiz televisivo americano Jeopardy, rispondendo con la sua voce calda e naturale a tutte le domande che gli sono state poste, a voce, dal conduttore del programma. Watson è un sistema di intelligenza artificiale creato da IBM: capisce il linguaggio naturale quando gli parli, comprende le domande, e poi è capace di consultare 200 milioni di pagine in poche frazioni di secondo per risponderti con una voce umana. Watson, se gli metti sotto una bella potenza di calcolo, che ormai costa sempre meno, può sostituire senza colpo ferire - e operando molto meglio - decine, centinaia di operatori di contact center, anche quelli che operano dalla Albania o dall'India per costare meno.
Perchè vi ho parlato di B. e W.?
Se Baxter è un po' difficile da
immaginare, i fratellini minori di Watson ce li abbiamo già tutti pronti sui
nostri iphone e sui nostri smartphone: è che ci fa un po' paura ammetterlo, ma
già oggi noi possiamo parlare con questi oggetti con la nostra voce, fare
domande e ricevere risposte vocali, o dare ordini come “portami a casa”, per
attivare il navigatore, o “metti la sveglia alle 7”.
Perché vi ho parlato di Baxter e di
Watson? Perché rappresentano la realizzazione
concreta, immediata, presente di ciò che a sinistra abbiamo perseguito e
desiderato da sempre: la liberazione dell'Uomo dal Lavoro. La tecnologia sta crescendo in un modo
così rapido e così imprevedibile che, se solo fossimo in grado di vederlo,
probabilmente dovremmo rivedere completamente le nostre priorità di azione
sindacale. Ma non le vediamo in modo molto nitido,
le cose che ci capitano intorno. Un po' perché siamo travolti dalle
conseguenze della crisi, dalle migliaia di persone che perdono il lavoro e
chiedono una risposta immediata, qui e subito, ai propri bisogni ed alla
propria disperazione. E allora è naturale che cerchiamo di turare le falle, di
conservare quel che c'è, di ragionare come abbiamo fatto sempre, conservando dieci
posti qui, ed è un successo perché salvi la vita di dieci famiglie, e
mettendo la cassa integrazione lì, e ne hai salvati altre dieci, di
famiglie, e senti che hai fatto una cosa giusta. Eppure, ce l'abbiamo chiara questa
sensazione che il mondo ci stia sfuggendo di mano, come sabbia tra le dita, e
per quanto stringiamo il pugno l'impressione è che il grosso ci sfugga.
Ed è proprio così.
Sentite qui: due ricercatori di Oxford si sono messi a calcolare la probabilità
che i Baxter e i Watson si mettano, nel futuro, a svolgere le occupazioni
più routinarie che svolgono gli umani, ed hanno provato ad ipotizzare
quante professioni di oggi possono scomparire da qui a vent'anni. Attenzione: i robot, in USA, negli
ultimi quarant'anni ne hanno già fatti perdere 10, di milioni di posti di
lavoro. Non stiamo parlando di un futuro lontano, ma di una cosa che capita
già, e capiterà anche qui, che a noi piaccia o meno. Dunque, secondo i due ricercatori, da
qui a vent'anni i posti di lavoro qui, proprio in Italia, diminuiranno, grazie
o per colpa dell'automazione, di altri dodici milioni. Dodici milioni di posti in meno in vent'anni. Scompariranno ragionieri e autisti,
tassisti, librai, i programmatori come me… Per fortuna avremo ancora bisogno di
maestri e di psicologi, e di competenze
di alto livello tecnologico in grado di guidare la transizione delle attività
dall'uomo alle macchine. Sabbia che sfugge tra le dita…
Sabbia che sfugge tra le dita
Sabbia che sfugge tra le dita
Vertenze e ammortizzatori sociali non
risolveranno più questo problema. Se il sindacato non affronta questo
argomento con un approccio ed una immaginazione totalmente nuovi, è
condannato a diventare il lobbysta irrilevante di una nicchia di lavoratori che
assomiglieranno agli indiani pellerossa oggi chiusi nelle riserve. Un atteggiamento di resistenza o luddista
contro le nuove tecnologie è impensabile. La robotica e l'automazione avanzeranno
malgrado noi: chi oggi possiede la ricchezza, finanzia questo tipo di ricerca,
investe, non solo per moltiplicare i suoi profitti, ma perché è in corso quella
che l'Economist definisce una nuova
rivoluzione industriale. Non si tratta solo di soldi, ma anche di realizzare
il futuro dell'umanità con mezzi nuovi. Google, per dire, ha appena acquisito quattro
aziende americane di robotica. L'incrocio tra informazione e automazione
è al centro di tutti gli investimenti mondiali.
Oltre agli automi e ai costosissimi
robot, il prossimo decennio sarà quello della stampa 3D: delle stampanti che, sulla base di un disegno a tre
dimensioni, creano oggetti reali. Delle dimensioni che volete, perché queste
stampanti che già esistono, vanno dai mille al milione di euro, e possono
stampare dal bicchiere ad una intera automobile.
Per il film di 007 “Skyfall”, per
esempio, con una stampante 3D che poteva stampare oggetti di dimensioni fino a otto metri cubi, sono
stati realizzati tre modelli in scala 1/3 della Aston Martin di James Bond. In 3D si può stampare plastica, ABS,
titanio, tessuto, ormai qualsiasi cosa. E la cosa più spaventosa è che ormai
chiunque di noi può comprarsi una stampante del genere a mille euro,
ordinandola oggi sul sito della COOP
(non sto scherzando!) e iniziare a prodursi in casa oggetti di qualsiasi
dimensione, immediatamente, perché sono immediatamente disponibili a tutti i
file, gratis, per produrre qualsiasi tipo di oggetto, intero o nelle sue
componenti. Inclusa una pistola, interamente in plastica, che può sparare fino a sei colpi
prima di rompersi: se volete vi do l'indirizzo per scaricare i file.
Immaginate come anche questo cambierà il
futuro dell'industria manifatturiera: se avrai bisogno di un oggetto di uso
comune, tra due-tre anni partirai con la tua chiavetta e andrai a fartelo
stampare in un centro servizi 3D,
senza nessun bisogno che ci sia una fabbrica che produca diecimila bicchieri o
piatti. Si potrà – si può già oggi! - stampare
qualsiasi oggetto in qualsiasi parte del mondo, replicandolo all'infinito,
inviando semplicemente un file.
Tutto quello che conosciamo, sta cambiando
Tutto quello che conosciamo, sta
cambiando in un modo velocissimo. E ci sta rendendo obsoleti. E ci sta rendendo testimoni di un mondo
peggiore di quello di ieri, dove alla liberazione dal lavoro non corrisponde
più felicità, ma maggior schiavizzazione del lavoro (per quanto ancora potremo
competere con i robot?), un impoverimento progressivo e inesorabile di
chi non ha mezzi e potere, e una sempre maggiore emarginazione degli esseri
umani. Divisi in due: chi è dentro e chi è fuori. Come sempre, ma con la
differenza che siamo noi e i nostri figli, per la prima volta, a rischiare di essere
fuori.
E allora che fare?
E allora che fare? Quel che è certo è che sarà sempre più
difficile ed anacronistico lottare semplicemente per la “difesa del posto di
lavoro”, quando il lavoro umano tende a ridursi inesorabilmente. Forse
dobbiamo ritornare a sognare, a lottare per redistribuire il tempo che le macchine
rendono libero, e trasformare il profitto immenso che queste
macchine offrono in reddito per tutti, in felicità, in vite degne di
essere vissute, fatte di relazioni umane, di scambi, di libertà dall'alienazione. Forse dobbiamo lasciar perdere la difesa
a tutti i costi del posto che si sta perdendo, e dedicare le nostre energie
a capire come rifare la battaglia per il reddito di cittadinanza, che
garantisca a ogni persone il diritto ad una vita dignitosa indipendentemente dal lavoro, che ormai non sarà più, purtroppo, il
centro della vita per un numero sempre crescente di persone.
L'unica cosa che sappiamo con certezza è
che contrastare questo processo sul piano delle
lotte tradizionali è inefficace,
anche se ci rassicura e ci piace. Quel che abbiamo di fronte è un potere fluido
e sfuggente, non più immediatamente riconoscibile. Gli eventi macroscopici,
come le grandi rivoluzioni del passato,
probabilmente non capiteranno più (e le rivolte auto organizzate con lo
smartphone, ad oggi, non sembrano aver ancora raggiunto la forza di resistere
nel tempo e darsi un indirizzo di cambiamento generale).
Bisogna avere immaginazione
Bisogna avere immaginazione, essere
creativi, ripensare il nostro modo di essere e di agire come sindacato,
in una società che, insieme al lavoro, sta rimettendo radicalmente in
discussione il nostro ruolo e tutte le modalità di relazione che conoscevamo. Rimettersi a studiare e partire dalla
conoscenza del presente e del prossimo futuro è sicuramente un buon nuovo
inizio, e se lo facciamo insieme magari ci verranno idee nuove ed adeguate. L'importante è non rimanere chiusi nel
recinto, nella nostra riserva indiana, a vederci invecchiare in un tempo che
non è più quello della vita reale. A discutere tra di noi su questioni di
principio che - per quanto importanti e che personalmente condivido - rischiano
di stare a cuore solo a noi futuri indiani della riserva.
Grazie per la pazienza… (Carla)
Bene, se davvero avete avuto la "pazienza" - come dice Carla - di leggere sin qui, [oltre a cliccare "+1"] diteci il vostro pensiero sul tema; perché no: anche in relazione al futuro del nostro di lavoro o del settore Ict in generale...
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